Invalidità civile e assegno sociale: controlli reddituali

L’Inps ha individuato, per il 2018, 36.763 posizioni riferite a soggetti che non hanno presentato né la dichiarazione dei redditi 2019 (annualità reddituale 2018), né la dichiarazione di responsabilità né hanno dato riscontro ad apposito sollecito relativamente all’invalidità civile e all’assegno sociale. Ai soggetti che sono rimasti inadempienti rispetto, l’Inps procede alla sospensione e alla successiva revoca delle prestazioni economiche in godimento (Messaggio 12 settembre 2022, n. 3350).

Al fine di acquisire le dichiarazioni reddituali, l’Inps procede secondo le seguenti modalità:
– estrazione dei soggetti in età lavorativa attiva (fascia di età da 18 a 66 anni e 7 mesi), beneficiari di assegno mensile di assistenza, di pensione di inabilità per invalidità civile, di pensione per cecità assoluta o parziale, di pensione per sordità;
– invio della nota di preavviso di sospensione, a mezzo raccomandata A/R, con la quale si ribadisce l’esigenza di un riscontro reddituale;
– entro 60 giorni dall’invio della comunicazione, i cittadini interessati dovranno comunicare i redditi posseduti attraverso la specifica domanda telematica di “Ricostituzione reddituale per sospensione art. 35 comma 10 bis D.L. 207/2008”;
– trascorsi 60 giorni dall’invio della comunicazione, in caso di mancato riscontro, l’Istituto procede alla sospensione della prestazione con azzeramento della prima rata utile e invia ai cittadini interessati una comunicazione di sospensione della prestazione a mezzo raccomandata A/R;
– allo scadere di ulteriori 120 giorni dalla data di sospensione, senza che vi sia stato riscontro, la prestazione viene revocata e sarà calcolato il debito relativo all’anno di reddito non dichiarato (dal 2018 al 2022). La comunicazione di revoca della prestazione viene inviata all’utente con raccomanda A/R.
La lavorazione riguardua i soggetti che non abbiano compiuto 80 anni di età al 31 dicembre 2018 e che siano beneficiari dell’assegno sociale ordinario/pensione sociale o dell’assegno sociale sostitutivo.
L’Inps provvede a inviare una nota a mezzo raccomandata A/R con la quale si ribadirà l’esigenza di un riscontro reddituale nonché ad invitare i destinatari a presentare la predetta dichiarazione reddituale entro 60 giorni.
Trascorsi 60 giorni dall’invio della comunicazione, in caso di mancato riscontro, l’Istituto procede alla sospensione della prestazione relativamente agli anni di reddito 2018 (non dichiarati), con conseguente recupero delle prestazioni pagate e non dovute.

Tutte le comunicazioni di preavviso di sospensione e di successiva revoca avvengono tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
L’interessato può operare la necessaria ricostituzione reddituale direttamente online, accedendo all’area personale MyINPS del sito www.inps.it con Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) almeno di livello 2, Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o Carta d’identità Elettronica (CIE). Dovrà poi seguire il percorso “Home” > “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Domanda di Prestazioni pensionistiche: Pensione, Ricostituzione, Ratei maturati e non riscossi, Certificazione del diritto a pensione” > “Variazione prestazione pensionistica”, attivando il successivo sottomenu: “Ricostituzioni/Supplementi” > “Ricostituzione pensione” > “Reddituale” > “Per sospensione art. 35 comma 10bis D.L. 207/2008”, ovvero tramite gli Istituti di Patronato o altri soggetti abilitati all’intermediazione con l’Inps.

Pensione anticipata per lavoro discontinuo: non spetta alla lavoratrice domestica

La deroga stabilita dall’art. 2, co.3, lett. b), d. Igs. n. 503/92 a favore dei lavoratori subordinati che, in possesso di un’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, siano stati occupati, per almeno dieci anni, per periodi inferiori all’intero anno solare non è suscettibile di applicazione analogica, né di interpretazione estensiva, e non opera, quindi, a vantaggio dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari (Corte di Cassazione, Ordinanza 07 settembre 2022, n. 26320).

La Corte d’appello di Roma negava ad una lavoratrice domestica il diritto alla pensione di vecchiaia anticipata (art. 2, co.3, lett. b), d.Igs. n.503/92), difettando in capo a quest’ultima il requisito contributivo normativamente richiesto, ovvero l’occupazione per almeno 10 anni, anche non consecutivi, per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare. La stessa, durante gli anni di lavoro domestico, era stata occupata per periodi inferiori a 52 settimane per l’effetto delle norme di accreditamento dei contributi.
In particolare, secondo la consulenza recepita in sentenza, la lavoratrice aveva lavorato oltre le 24 ore settimanali, e quindi senza diritto a essere considerata come lavoratrice discontinua.

La lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che la sentenza d’appello avesse errato nell’escludere, dai 10 anni con occupazione di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare, gli anni di lavoro domestico, in quanto, per sei annualità, il lavoro domestico prestato ebbe una durata inferiore all’anno.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, richiamando il consolidato orientamento secondo cui la deroga stabilita dall’art. 2, co.3, lett. b), d. Igs. n. 503/92 a favore dei lavoratori subordinati che, in possesso di un’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, siano stati occupati, per almeno dieci anni, per periodi inferiori all’intero anno solare (“di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare”) non è suscettibile di applicazione analogica, né di interpretazione estensiva, e non opera, quindi, a vantaggio dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari che, a parità delle altre condizioni richieste dalla norma, possano far valere una minore contribuzione per aver lavorato, per circa un decennio, per l’intero anno solare, ma con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali.

Il Collegio ha ritenuto, inoltre, non condivisibile la tesi della ricorrente che escludeva la rilevanza del criterio delle 24 ore di lavoro settimanale ai fini della contribuzione domestica, siccome non previsto da alcuna norma di legge; al contrario, tale requisito è, difatti, considerato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 3044/12), sulla base dell’art. 7, co.6 d.l. n.463/83, conv. in I. n.638/83.

La lavoratrice deduceva, infine, che per sei annualità il lavoro prestato ebbe una durata effettiva inferiore all’intero anno solare, rientrandosi, pertanto, nel campo di applicazione della deroga normativamente prevista. Tale motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile, dal momento che richiedeva, fuori dai limiti dell’art. 360, co.1, n.5 c.p.c., un accertamento di fatto quale l’accertamento che la prestazione lavorativa fosse stata inferiore all’intero anno solare.

Contributi artigiani: esclusi dalla base imponibile gli utili dei soci di capitale

7 set 2022 Sono esclusi dalla base imponibile ai fini contributivi INPS gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali senza prestazione di attività lavorativa, inclusi tra i redditi di capitale (Corte di Cassazione, Ordinanza 25 agosto 2022, n. 25341).

La Corte d’Appello territoriale accoglieva l’opposizione proposta nei confronti dell’INPS avverso l’avviso di addebito con il quale veniva richiesto ad un lavoratore il pagamento dei contributi di cui era stato omesso il versamento alla Gestione Artigiani relativi ai redditi di partecipazione alle società di capitali nelle quali lo stesso rivestiva esclusivamente il ruolo di socio.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, postulando la tesi secondo cui nella base imponibile, ai fini dell’individuazione della contribuzione previdenziale dovuta ai lavoratori autonomi e della prestazione pensionistica adeguata, si debbano comprendere tutti i redditi di impresa, a prescindere che gli stessi siano il frutto della partecipazione del lavoratore autonomo a una società di persone o a una società di capitali.

I Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso, dando continuità all’orientamento secondo cui, poiché la normativa previdenziale (art. 3 bis, d.l. n. 384/1992, conv. con modif. nella L. n. 438/1992) individua, quale base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che, secondo il TUIR, gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali senza prestazione di attività lavorativa sono inclusi tra i redditi di capitale, questi ultimi devono ritenersi esclusi dalla base imponibile ai fini contributivi INPS.