Indennità di vacanza contrattuale per i dipendenti del CCNL Terziario Avanzato Anpit – Cisal

Sottoscritto un accordo per determinale l’Indennità di Vacanza Contrattuale destinata ai Lavoratori dipendenti ai quali si applichi il CCNL Terziario Avanzato Anpit – Cisal

L’art. 27 di tale CCNL prevede che dal primo giorno del quarto mese successivo alla data di scadenza del CCNL (ovvero da ottobre 2021), si dovrà riconoscere ai lavoratori la seguente Indennità di Vacanza Contrattuale.
Il medesimo articolo prevede che dalla decorrenza del CCNL rinnovato l’Indennità di Vacanza Contrattuale cesserà di essere corrisposta. Nel corso del 2020, l’Emergenza Sanitaria ha ritardato la determinazione dell’I.V.C. come prevista dal CCNL. Le Parti intendono salvaguardare, anche in questo momento di difficoltà economica, l’occupazione ed il reddito dei lavoratori, riconoscendo il loro diritto all’I.V.C. anche per il periodo nel frattempo intercorso.
In caso di Tempo Parziale, l’I.V.C. dovrà essere riconosciuta al Lavoratore in proporzione al Suo Indice di Prestazione
Tenuto conto che la decorrenza dell’I.V.C. è dalla mensilità di ottobre 2021, con la prima retribuzione utile, al Lavoratore dovranno essere riconosciute le I.V.C. nel frattempo maturate.

Indennità di Vacanza Contrattuale da riconoscere dal 1/10/2021

Livello

P. B. M.N.C.M. lorda, in euro

I. V.C. lorda in euro

Dirigente 3.796,00 95,66
Quadro 2.756,00 69,45
A1 2.350,40 59,23
A2 2.100,80 52,94
B1 1.851,20 46,65
B2 1.684,80 42,46
C1 1.508,00 38,00
C2 1.352,00 34,07
D1 1.185,60 29,88
D2 1.040,00 26,21
Operatore di Vendita di 1° Categoria 1.666,08 41,99
Operatore di Vendita di 2° Categoria 1.516,32 38,21
Operatore di Vendita di 3° Categoria 1.357,20 34,20
Operatore di Vendita di 4° Categoria 1.216,80 30,66

Infortunio sul lavoro e responsabilità datoriale

19 genn 2022 In tema di infortunio sul lavoro, il riscontro della colpa deve essere il risultato di un processo ricognitivo che individui a monte, secondo una valutazione ex ante, la regola cautelare che si assume violata.

La Corte d’appello territoriale ha confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato il datore di lavoro e il resposabile della sicurerezza responsabili del reato loro ascritto di lesioni colpose, per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. Al datore, si rimprovera di non aver individuato il rischio connesso al pericolo derivante dal possibile contatto accidentale delle parti del corpo esposte del lavoratore con le parti in movimento del tornio, ed in particolare di non aver munito il macchinario di uno schermo frontale di protezione; al responsabile, invece, si rimprovera di aver sottovalutato il rischio derivante dall’utilizzo del tornio in assenza di protezione frontale; al legale rappresentante della ditta produttrice del tornio, si addebita di aver venduto un macchinario sprovvisto di apposita protezione dagli organi in movimento.
La ritenuta necessità di uno schermo “protettivo” sul macchinario in questione appare frutto di un ragionamento creativo, secondo la logica del “senno del poi”, che, come noto, non può fondare il giudizio di colpevolezza colposa. In tale ambito, infatti, il riscontro della colpa deve essere il risultato di un processo ricognitivo che individui a monte, secondo una valutazione ex ante, la regola cautelare che si assume violata.
La sentenza impugnata, di contro, ha individuato la regola cautelare sulla base di una valutazione ricavata “ex post” ad evento avvenuto, in maniera del tutto astratta e svincolata dal caso concreto: non ha, infatti, considerato la fase di lavorazione in cui si è verificato l’incidente e non si è posta il problema di quali fossero le misure di protezione previste per quella specifica fase.
La motivazione si limita a prendere atto della condotta colposa del lavoratore definendola non abnorme; e liquida come mera “illazione” la (invece) corretta considerazione difensiva secondo cui la presenza dello schermo richiesto (ma apparentemente non previsto neanche dalla normativa UNI dianzi indicata) non avrebbe comunque scongiurato il verificarsi dell’evento, visto che il lavoratore avrebbe comunque dovuto aggirarlo per accedere al pezzo lavorato, inserendo la mano nell’organo in movimento.
In conclusione, le argomentazioni su cui si fonda la responsabilità dei prevenuti non hanno adeguatamente valutato la circostanza che il tornio era dotato di un apposito dispositivo di protezione, in relazione alla fase lavorativa nel corso del quale è avvenuto l’infortunio, costituito dal pedale del freno: azionandolo, il mandrino si sarebbe fermato, consentendo all’operaio di prelevare il pezzo senza problemi.
La regola cautelare dello schermo “protettivo” è stata ricavata ex post ed in maniera congetturale dai giudici di merito, senza una effettiva analisi dell’utilità e percorribilità in concreto di una simile soluzione alla luce delle modalità di funzionamento del macchinario e, soprattutto, della fase di lavorazione in cui si è verificato l’infortunio.

Contratto integrativo aziendale: disdetta dell’iscrizione a Confindustria e disapplicazione

La disdetta dell’azienda all’associazione sindacale dei datori di lavoro, non integra la disapplicazione del contratto integrativo aziendale, nel momento in cui l’azienda stessa attua una costante e prolungata applicazione delle relative clausole al singolo rapporto o di alcune di esse. (Corte di Cassazione, Ordinanza 13/1/2022, n. 935)

E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione con Ordinanza del 13 gennaio 2022, n. 935, chiamata a decidere sul caso di un’azienda che successivamente all’atto di disdetta di adesione all’associazione nazionale di rappresentanza delle imprese – Confindustria – aveva continuato ad erogare ai lavoratori diverse voci retributive previste dal contratto integrativo interaziendale, mentre si rifiutava di pagarne altre. Rifiuto ritenuto pertanto illegittimo.

La Corte di merito ha affermato che la società, “ha continuato ad erogare tante e significative voci retributive e/o incentivanti e/o indennitarie, previste proprio dal contratto integrativo interaziendale (come “ex ristrutturazione salariale”, “premio di produzione”, “premio di produttività e qualità”, “premio di partecipazione – parte fissa”, “buoni pasto”)”.
Dalla costante e prolungata applicazione di tali istituti, la Corte Suprema, ha desunto che la ricorrente, pur avendo dato la disdetta dall’associazione sindacale dei datori di lavoro, implicitamente avesse mantenuto l’applicazione della contrattazione collettiva.
Principio più volte affermato dalla Corte (cfr. Cass. n. 24336 del 2013, 10213 del 2000, 10375 del 2001): la valutazione che porta a ritenere sussistente l’implicito recepimento di un contratto collettivo attraverso un comportamento concludente desumibile da una costante e prolungata applicazione delle relative clausole al singolo rapporto costituisce un accertamento di fatto spettante al giudice di merito, insindacabile nella sede di esame.

Pertanto, la Corte di merito ha compiuto siffatta valutazione, pervenendo alla conclusione della adesione implicita, da parte della società, alla contrattazione collettiva. Peraltro, la società ricorrente nemmeno ha indicato ulteriori istituti contrattuali (del contratto integrativo interaziendale) dalla medesima non applicati (oltre al premio di partecipazione – parte variabile) al fine di escludere tale adesione, limitandosi ad affermare che per conseguire tale effetto fosse necessaria una costante e prolungata applicazione di “tutte” le clausole pattizie.
In conclusione, la Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dalla società.