Aliquota IRAP errata: dovuta solo la sanzione per infedele dichiarazione

Ai fini IRAP, qualora in sede di dichiarazione sia applicata indebitamente l’aliquota agevolata in luogo di quella ordinaria, è applicabile la sanzione per infedele dichiarazione. In relazione alla maggiore imposta accertata, non sono dovute le sanzioni per omesso o ritardato versamento. (Corte di Cassazione – Sentenza 11 gennaio 2022, n. 483).

La questione esaminata dalla Corte di Cassazione riguarda il regime sanzionatorio applicabile in caso di indebita applicazione dell’aliquota agevolata IRAP.
Nel caso di specie, la contribuente (società consortile del settore della pesca) in sede di dichiarazione ha applicato l’aliquota agevolata prevista per i consorzi del settore della pesca in luogo di quella ordinaria.
Successivamente, in esito al parere negativo dell’Agenzia delle Entrate ad hoc interpellata sull’applicabilità del beneficio, la società versava la maggiore imposta IRAP dovuta (pari al saldo a debito risultante, espungendo l’agevolazione) nonché un importo a titolo di sanzione per infedele dichiarazione, determinato nella misura di un quinto della maggiore imposta, avvalendosi del ravvedimento operoso e presentando dichiarazione integrativa.
A seguito di controllo automatizzato della dichiarazione, rilevato il tardivo pagamento dell’IRAP dovuta, l’Agenzia delle Entrate contestava l’applicazione della sanzione per ritardato versamento.
Su ricorso della società contribuente avverso la cartella di pagamento, i giudici tributari hanno affermato l’illegittima applicazione delle sanzioni per ritardato versamento, che deve ritenersi sussistente invece nelle ipotesi di corretta indicazione dell’imposta in dichiarazione e mancato pagamento della stessa.
La decisione è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate sostenendo che la disciplina IRAP individua distinte violazioni, autonomamente sanzionate, per le differenti condotte di infedele dichiarazione e di omesso o ritardato versamento dell’imposta: sanzioni tra di loro concorrenti e non suscettibili di assorbimento l’una nell’altra.

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici tributari, precisando che mentre la dichiarazione infedele si concreta nella indicazione ad opera del contribuente di un’imposta inferiore a quella effettivamente dovuta, per l’effetto mancando di dichiarare somme dovute e di versare i relativi importi, l’omesso versamento sanziona la mancata esecuzione, in tutto o in parte, dei versamenti dell’imposta risultante dalla dichiarazione nonché l’ipotesi in cui, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile.
In termini generali, e quindi anche ai fini IRAP, il mancato versamento dell’imposta che sia diretta conseguenza dell’omessa indicazione nella dichiarazione dell’importo effettivamente dovuto, integra solo ed unicamente un contegno di dichiarazione infedele, la cui sanzione assorbe l’inevitabilmente conseguente mancato versamento dell’imposta effettivamente dovuta.

Superbonus: condominio minimo

In analogia a quanto precisato per le spese sostenute per interventi finalizzati al risparmio energetico e per interventi di recupero del patrimonio edilizio, anche ai fini del Superbonus, va valorizzata la situazione esistente all’inizio dei lavori e non quella risultante dagli stessi (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 21 gennaio 2022, n. 40)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, l’Istante ha concluso, insieme al coniuge, un contratto preliminare per l’acquisto di due unità immobiliari in categoria A/4 facenti parte di un unico edificio che saranno di proprietà una dell’Istante e una del coniuge costituendo un cd. “condominio minimo”. L’edificio sarà oggetto di interventi di demolizione e ricostruzione al termine dei quali le due unità immobiliari saranno accorpate con conseguente fusione catastale.
Trattandosi di interventi per i quali spetta la detrazione di cui all’articolo 119 del decreto legge n. 34 del 2020 (cd. Superbonus), l’istante chiede se:
– può fruire del citato Superbonus per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2022, atteso che l’intervento sarà effettuato da un condominio e che solo al termine dei lavori di demolizione e ricostruzione le due unità immobiliari saranno accorpate;
– i pagamenti effettuati entro gli attuali termini di scadenza dell’agevolazione diano diritto al Superbonus anche qualora i lavori termineranno successivamente a tali termini.
Si fa presente, innanzitutto che, in analogia a quanto precisato per le spese sostenute per interventi finalizzati al risparmio energetico e per interventi di recupero del patrimonio edilizio, anche ai fini del Superbonus, va valorizzata la situazione esistente all’inizio dei lavori e non quella risultante dagli stessi.
Tale criterio si applica non solo ai fini della determinazione dei limiti di spesa ammessi alla detrazione ma anche ai fini della individuazione del limite temporale di vigenza dell’agevolazione.
Pertanto, considerato che, come affermato dall’Istante, all’inizio dei lavori l’edificio sarà costituito in condominio (accertamento di fatto non esperibile in sede di interpello), nel rispetto di ogni altra condizione richiesta dalle norme e che non costituisce oggetto della presente istanza di interpello, la detrazione spetta, sia pure con le diverse aliquote, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025.
Con riferimento al secondo quesito si fa presente che il Superbonus si applica alle spese sostenute per gli interventi “trainanti e “trainati elencati nell’articolo 119 del decreto Rilancio , nel periodo di vigenza dell’agevolazione ivi indicato, indipendentemente dalla data di avvio e di ultimazione degli interventi cui le spese si riferiscono.
Va, peraltro, precisato che, ai fini dell’applicazione della detrazione in questione è necessario che gli interventi oggetto dell’agevolazione siano effettivamente completati. Tale condizione sarà verificata dall’Amministrazione finanziaria in sede di controllo.

Regime impatriati per la consulente rientrata in Italia come dipendente

Una lavoratrice italiana che si è trasferita in Italia nel 2021, dopo aver svolto, dal 2014, attività di consulenza da remoto dall’estero con alcune società italiane tra le quali quella di cui è divenuta dipendente da gennaio 2021, può beneficiare del regime speciale “impatriati” di sui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015, dall’anno del rientro e per i quattro periodi d’imposta successivi (Agenzia Entrate – risposta 19 gennaio 2022, n. 32).

Il regime speciale dei lavoratori impatriati è disciplinato dall’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 e per accedere è necessario che il lavoratore:
– trasferisca la residenza in Italia;
– non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
– svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Sono destinatari del beneficio fiscale, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
– sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
– abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
Per accedere al regime speciale, è necessario, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
In relazione alle modifiche normative che hanno ridisegnato il perimetro di applicazione del suddetto regime agevolativo a partire dal periodo di imposta 2019, con particolare riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere all’agevolazione, ai presupposti per accedere all’ulteriore quinquennio agevolabile, all’ambito temporale di applicazione della sopra richiamata disposizione, alle modifiche normative concernenti il requisito dell’iscrizione all’anagrafe degli Italiani residenti all’estero (c.d. AIRE) per fruire dell’agevolazione fiscale in esame sono stati forniti puntuali chiarimenti con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, cui si rinvia per una completa disamina degli aspetti di carattere generale della normativa in esame.
Possono accedere all’agevolazione anche i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti siano stranieri (non residenti).
L’applicazione del regime agevolativo richiede, tra l’altro, che l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano.
Per l’accesso al regime speciale per i lavoratori impatriati è richiesto che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro e che trasferiscano la residenza fiscale in Italia e si impegnino a permanervi per almeno due anni a pena di decadenza dall’agevolazione.
Al riguardo, si evidenzia che ai sensi del citato articolo 2 del TUIR, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le suddette condizioni sono fra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Con riferimento al caso di specie, laddove risultino soddisfatti tutti i requisiti richiesti dal regime agevolativo, la lavoratrice italiana che si è trasferita in Italia nel 2021, dopo aver svolto, dal 2014, attività di consulenza da remoto dall’estero con alcune società italiane tra le quali quella di cui è divenuta dipendente da gennaio 2021, può beneficiare del regime speciale.