Credito d’imposta Transizione 5.0. dopo la conversione in legge del Decreto Coesione

Con la pubblicazione in G.U. della Legge 4 luglio 2024, n. 95, di conversione del D.L. 7 maggio 2024, n. 60 (Decreto Coesione), viene modificata la disciplina delle agevolazioni fiscali connesse al pacchetto Transizione 5.0.

L’articolo 38 del D.L. n. 19/2024 istituisce e disciplina il piano Transizione 5.0, al fine di sostenere il processo di transizione digitale ed energetica delle imprese.

Ai sensi di tale articolo, a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell’impresa, che dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici, viene riconosciuto un credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta.

 

Tale credito d’imposta è riconosciuto nella misura:

  • del 35% del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;

  • nella misura del 15% del costo, per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;

  • nella misura del 5% del costo, per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Il comma 4-bis dell’articolo 15 del D.L. 7 maggio 2024, n. 60 (Decreto Coesione), inserito durante l’esame al Senato, modifica la suddetta disciplina delle agevolazioni fiscali connesse al pacchetto Transizione 5.0.

 

In particolare, con le modifiche introdotte viene precisato che sono ammessi al credito d’imposta Transizione 5.0 anche gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, anche a distanza

Contratto a favore di terzo e richiesta di agevolazione “prima casa”

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito all’agevolazione “prima casa” nel caso di Contratto a favore di terzo (Agenzia delle entrate, risposta 4 luglio 2024, n.145).

L’agevolazione ”prima casa” è disciplinata dalla Nota II-bis posta in calce all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR.

Tale articolo prevede l’applicazione dell’aliquota del 2% per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione di categoria catastale diversa da A/1, A/8, A/9 e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza;

  • che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;

  • che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo.

Nelle ipotesi di acquisto da parte di un minore non emancipato, le dichiarazioni ai fini dell’agevolazione ”prima casa” possono essere rese dal genitore esercente la potestà sullo stesso, per conto del minore, in qualità di legale rappresentante del figlio.

 

Con riferimento alla fattispecie rappresentata nell’interpello, l’Agenzia delle entrate richiama la disposizione sul “contratto a favore di terzi” (articolo 1411 c.c.), a norma della quale è valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse.

Nelle ipotesi di acquisto immobiliare stipulato con ”contratto a favore di terzo”, dunque, il terzo consegue la titolarità dell’immobile, per effetto della stipulazione.

Tuttavia, fino a quando il terzo non dichiari di ”volerne profittare” tale acquisto non è definitivo, essendo suscettibile di revoca o modifica da parte dello stipulante o di rifiuto da parte del terzo. Ai sensi del secondo comma del citato articolo 1411 del codice civile, infatti, la dichiarazione del terzo di ”volerne profittare” consolida l’acquisto in suo favore, impedendone la revoca o la modifica da parte dello stipulante.

Solo in tale circostanza, verificandosi la definitività dell’acquisto da parte del terzo, che con la dichiarazione di adesione rende irrevocabile l’acquisto, sussistono i presupposti per l’applicazione dell’agevolazione.

In altri termini, qualora il terzo intenda fruire delle agevolazioni ”prima casa”, deve rendere, contestualmente alle dichiarazioni di cui alla Nota II-bis, anche la dichiarazione di ”voler profittare” della stipulazione in proprio favore, in modo da rendere definitivo il proprio acquisto.

 

Nel caso di specie, dunque, non avendo il terzo reso la dichiarazione divolere profittare“, in capo allo stesso non possono sussistere i requisiti per usufruire dell’agevolazione ”prima casa” al momento della stipula dell’atto.

Rimborso delle spese sostenute dai dipendenti per l’attività sportiva praticata dai figli

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sulla possibilità di far rientrare le spese sostenute dai dipendenti per l’attività sportiva praticata dai figli nell’ambito applicativo delle iniziative di welfare aziendale escluse da imposizione fiscale (Agenzia delle entrate, risposta 3 luglio 2024, n. 144).

L’articolo 51, comma 1, del TUIR prevede che costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Lo stesso articolo, al comma 2, lettera fbis), dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari

Successivamente il comma 190 della Legge n. 208/2015 ha esteso l’esenzione IRPEF per le somme, i servizi e le prestazioni per: la fruizione, da parte dei familiari, dei servizi di educazione e istruzione compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi anche se non inerenti alla frequenza degli asili nido; per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali.

La menzione delle borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti completa la gamma dei benefit con finalità didattiche e di istruzione, per la cui definizione tornano utili i chiarimenti forniti dall’Agenzia con la circolare n. 23/2000, con la quale è stato precisato che rientrano nella lettera fbis) le erogazioni di somme corrisposte al dipendente per assegni, premi di merito e sussidi per fini di studio a favore di familiari.

In tale nozione possono essere ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, tasse universitarie, libri di testo scolastici, nonché gli incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico.

Data l’ampia formulazione della lettera fbis), sono riconducibili alla norma il servizio di trasporto scolastico, il rimborso di somme destinate alle gite didattiche, alle visite d’istruzione ed alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica nonché l’offerta anche sotto forma di rimborso spese di servizi di babysitting.

 

In generale, con riferimento ai rimborsi per le spese sostenute per l’attività sportiva praticata dai familiari, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che detti rimborsi non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 51, comma 2, lettera fbis), del TUIR.

In altri termini, tale disposizione riguarda i servizi di educazione e istruzione resi nell’ambito scolastico e formativo, compresi i relativi ”servizi integrativi”.

Ne consegue che le spese per l’attività sportiva praticata dai familiari, solo se svolte nell’ambito di iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica possono rientrare nell’esclusione prevista dalla suddetta lettera fbis).

 

Pertanto, nel caso di specie, in cui una società dichiara l’intenzione di voler rimborsare le spese per attività sportive svolte dai figli dei dipendenti, non svolte nell’ambito di iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica, le somme rimborsate dal datore di lavoro dovranno essere assoggettate a tassazione ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR.