Le istruzioni operative del Fisco in merito al nuovo istituto del Concordato preventivo biennale

Con una nuova circolare, l’Agenzia delle entrate illustra in dettaglio l’istituto del concordato preventivo biennale, fornendo chiarimenti su aspetti più generali, su aspetti validi per i contribuenti ISA e per i forfetari ed infine su quesiti specifici in materia (Agenzia delle entrate, circolare 17 settembre 2024, n. 18/E).

L’articolo 17 della Legge delega, al comma 1, lettera g), punto 2), ha previsto l’introduzione del concordato preventivo biennale, per i contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo di minori dimensioni. Tale platea di contribuenti è rappresentata, in linea generale da:

  • coloro che sono tenuti all’applicazione degli ISA;

  • coloro che aderiscono al regime dei forfetari.

Tra le condizioni per l’adesione, rientra il non avere debiti per tributi amministrati dall’Agenzia o debiti contributivi o aver estinto, prima della scadenza del termine per aderire al concordato, quelli di importo pari o superiore a 5mila euro.

Il concordato è precluso, inoltre, a coloro che nei tre anni precedenti a quello di applicazione non hanno presentato la dichiarazione dei redditi, pur essendo tenuti a farlo.

Ulteriore condizione è non essere stati condannati per determinati reati (D.Lgs. n. 74/2000, articolo 2621 c.c., articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del c.p.).

 

L’adesione alla proposta consente di pianificare la propria tassazione per un anno in via sperimentale (2024) per i forfetari e per due anni (2024 e 2025) per i contribuenti ISA. Inoltre, nei confronti di tutti i soggetti che aderiscono non potranno essere effettuati gli accertamenti previsti dall’articolo 39 del D.P.R. n. 600/73 salvo che, in esito ad attività istruttorie dell’amministrazione Finanziaria, non si verifichi una causa di decadenza dal concordato stesso.

Ulteriori benefici riguardano i contribuenti che applicano gli ISA, che avranno diritto alle premialità specifiche del regime.

L’adesione, invece, non ha alcun effetto ai fini IVA.

 

L’Agenzia ricorda che con i due provvedimenti del 28 febbraio 2024, sono già stati individuati i dati da comunicare per l’elaborazione e accettazione della proposta di CPB e le modalità per la trasmissione telematica all’Amministrazione finanziaria.

In particolare, il contribuente in possesso dei requisiti previsti dalla norma, che intende aderire alla proposta di concordato, deve dichiarare i dati contenuti nel modello CPB. Tale modello costituisce parte integrante dei modelli ISA 2024 e di conseguenza è parte integrante dei modelli REDDITI 2024.

I contribuenti soggetti agli ISA potranno, dunque, aderire alla proposta di concordato preventivo biennale avvalendosi del software “IltuoISA_CPB2024“, versione dell’applicativo ISA opportunamente implementata per consentire la gestione del nuovo istituto con riferimento al periodo di imposta 2023.

Per poter ricevere una proposta di CPB, i contribuenti forfettari, invece, devono aver applicato tale regime nel periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta. In particolare, per il primo anno di applicazione del concordato afferente al periodo d’imposta 2024 è necessario che il contribuente abbia applicato nel 2023 il regime forfetario, fermo restando che l’articolo 24 del decreto CPB dispone che non possono accedere al CPB i contribuenti che hanno iniziato l’attività nel periodo d’imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta.

 

Infine, nell’ultimo capitolo della nuova circolare, l’Agenzia fornisce le risposte ad alcuni quesiti: viene ad esempio chiarito che il contribuente che ha già inviato la dichiarazione 2024 senza accettare la proposta di concordato può ancora aderire, presentando una dichiarazione correttiva nei termini entro il prossimo 31 ottobre, scadenza per l’invio del modello Redditi per il periodo d’imposta 2023.

Tutela marchi di particolare interesse e valenza nazionale: pubblicato in G.U. il decreto MIMIT

Il Ministro delle imprese e del made in Italy, al fine di garantire la tutela dei marchi di particolare interesse nazionale e prevenire la loro estinzione ha adottato il decreto 3 luglio 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con il quale sono stabiliti i criteri e le modalità di attuazione della procedura di subentro, da parte del Ministero, nella titolarità dei marchi di imprese che cessano definitivamente la propria attività.

Il Decreto ministeriale 3 luglio 2024, recante attuazione dell’articolo 7 della Legge n. 206/2023, stabilisce i criteri e le modalità di attuazione della procedura di subentro nella titolarità nonché di successivo utilizzo dei marchi di particolare interesse e valenza nazionale da parte del Ministero, al fine di garantire la loro tutela e prevenirne l’estinzione salvaguardandone la continuità.

 

Il decreto, in particolare, prevede due linee di intervento:

  • la prima, che riguarda i marchi collegati a imprese che intendono cessare l’attività;

  • la seconda, rivolta ai marchi per i quali si presume il non utilizzo da almeno 5 anni.

In relazione alla prima linea di intervento sarà emanato, entro 60 giorni, un successivo decreto ministeriale, con il quale sarà definita la modulistica, la data di avvio della procedura e le eventuali ulteriori indicazioni di carattere operativo che le imprese dovranno seguire.

 

Nel caso in cui la Direzione Generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale, l’innovazione, le PMI e il Made in Italy manifesti l’interesse a subentrare nella titolarità, l’impresa concederà gratuitamente il marchio con apposito atto.

 

Ai sensi dell’articolo 2 del Decreto MIMIT, l’impresa titolare o licenziataria di un marchio registrato da almeno 50 anni, ovvero di un marchio non registrato per il quale sia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno 50 anni, che intenda cessare definitivamente l’attività di produzione del prodotto identificato dal predetto marchio deve notificare, alla Direzione generale, il progetto di cessazione dell’attività, almeno 6 mesi prima dell’effettiva cessazione.

La Direzione generale, entro 3 mesi dalla notifica, deve comunicare all’impresa gli esiti dell’istruttoria volta alla verifica della sussistenza dei requisiti del marchio in relazione al particolare interesse e alla valenza nazionale dello stesso, manifestando l’intenzione o meno di subentrare nella titolarità del marchio, nel caso in cui lo stesso non sia stato ovvero non sarà oggetto di cessione a titolo oneroso entro la data della cessazione dell’attività. Nel corso del suddetto termine, l’impresa titolare non può disporre del marchio mediante cessione a titolo gratuito.
Il mancato riscontro formale da parte della Direzione generale entro il predetto termine si deve intendere come manifestazione di non interesse a subentrare nella titolarità del marchio.
Nel caso in cui la Direzione generale abbia manifestato l’interesse a subentrare nella titolarità del marchio, l’impresa giuridicamente legittimata a disporne, entro i
successivi due mesi, deve cedere gratuitamente il marchio al Ministero, con apposito atto redatto secondo le disposizioni vigenti, anche mediante una dichiarazione di cessione o di avvenuta cessione firmata dal cedente e dalla Direzione Generale, con l’elencazione dei diritti oggetto della cessione.
La Direzione generale, a seguito del subentro, deve poi presentare all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi la domanda di trascrizione per comunicare la variazione di titolarità del marchio.

 

Per la seconda linea di intervento, il MIMIT, in caso di accertamento della decadenza del marchio per mancato utilizzo da almeno cinque anni, potrà depositare domanda di registrazione del marchio a proprio nome e autorizzarne la titolarità alle imprese nazionali ed estere che intendono investire in Italia o trasferire in Italia attività produttive ubicate all’estero, mediante contratto di licenza gratuita per un periodo non inferiore a 10 anni.

Mercati delle cripto-attività, adeguamento della normativa nazionale al regolamento UE

Il D.Lgs. del 5 settembre 2024, n. 129, detta le disposizioni necessarie all’adeguamento del quadro normativo nazionale al regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2023, relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 1095/2010 e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/1937.

Il Decreto, che entra in vigore il 14 settembre 2024, riguarda l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2023, relative ai mercati delle cripto-attività.

 

Ai sensi dell’articolo 3 del nuovo D.Lgs., la Consob e la Banca d’Italia sono le autorità competenti ai sensi del regolamento (UE) 2023/1114, degli atti delegati e delle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione del medesimo regolamento.

Per adempiere ai compiti previsti dal regolamento (UE) 2023/1114, la Banca d’Italia e la Consob, secondo le rispettive competenze, dispongono dei poteri previsti dall’articolo 94, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2023/1114, nonchè dei poteri di vigilanza e di indagine previsti dal presente decreto. Restano, comunque, fermi i compiti e i poteri attribuiti alla Banca d’Italia in materia di sorveglianza sul sistema dei pagamenti di cui all’articolo 146 del TUB, e alle relative disposizioni attuative (articolo 4, D.Lgs. n. 129/2024).

 

Come stabilito dall’articolo 6, la Banca d’Italia esercita i poteri di cui all’articolo 102 del regolamento (UE) 2023/1114 nei confronti degli emittenti di token di moneta elettronica.

La Banca d’Italia e la Consob esercitano, secondo le rispettive competenze, i poteri di cui all’articolo 102 del regolamento (UE) 2023/1114 nei confronti degli offerenti o richiedenti l’ammissione alla negoziazione di cripto-attività, degli emittenti di token collegati ad attività, nonchè dei prestatori di servizi per le cripto-attività, sentita l’altra autorità.

 

Poteri di intervento sui prodotti

La Banca d’Italia esercita i poteri di cui all’articolo 105 del regolamento (UE) 2023/1114 sui token di moneta elettronica.

La Consob e la Banca d’Italia esercitano i poteri di cui all’articolo 105 del regolamento (UE) 2023/1114, sentita l’altra autorità, sui token collegati ad attività e sulle cripto-attività diverse dai token collegati ad attività o dai token di moneta elettronica.

La Consob, dunque, è competente per quanto riguarda la tutela degli investitori e l’ordinato funzionamento e l’integrità dei mercati delle cripto-attività e la Banca d’Italia è competente per quanto riguarda la stabilità dell’insieme o di una parte del sistema finanziario.

 

Secondo quanto previsto dal Decreto all’articolo 10:

  • la Consob è il punto di contatto per la cooperazione amministrativa transfrontaliera con l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM) e le autorità competenti degli altri Stati membri e interessa la Banca d’Italia per gli aspetti di competenza di questa ultima;

  • la Banca d’Italia è il punto di contatto per la cooperazione amministrativa transfrontaliera con l’Autorità bancaria europea (ABE) e le autorità competenti degli altri Stati membri e interessa la Consob per gli aspetti di competenza di quest’ultima;

  • la Banca d’Italia è competente per la trasmissione delle informazioni richieste dal regolamento (UE) 2023/1114, alla Banca centrale europea (BCE) e alle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui valuta ufficiale non è l’euro.

La Consob, sentita la Banca d’Italia, autorizza ai sensi dell’articolo 63 del regolamento (UE) 2023/1114, i prestatori di servizi per le cripto-attività di cui all’articolo 59, paragrafo 1, lettera a) del medesimo regolamento.

Sempre la Consob, sentita la Banca d’Italia, revoca l’autorizzazione quando ricorrono le condizioni di cui all’articolo 64 del medesimo regolamento.

 

La vigilanza sul rispetto delle disposizioni del titolo V del regolamento (UE) 2023/1114 è esercitata dalla Consob, avendo riguardo alla trasparenza, alla correttezza dei comportamenti, all’ordinato svolgimento delle negoziazioni e alla tutela dei clienti, e dalla Banca d’Italia, avendo riguardo al contenimento del rischio, alla stabilità patrimoniale e alla sana e prudente gestione (articolo 17, D.Lgs. n. 129/2024).